Dove deve risorgere Civita d’ Antino | 22 Marzo 1915

Grazie alla cortese disponibilità dell ‘Archivio Ferrante pubblichiamo un ormai introvabile opuscolo dal titolo “Dove deve risorgere Civita d’ Antino” redatto in data 22 Marzo 1915, da A. Romeo Di Rocco, all’epoca componente del consiglio comunale di Civita d’Antino. A pochi giorni dal terribile sisma del 13 gennaio 1915, il documento è al contempo; accorato appello ai cittadini ed alle Autorità competenti sulla fondamentale importanza di una pronta e attenta ricostruzione; testimonianza su temi “moderni” legati alla sostenibilità, al paesaggio e al territorio, all’ identità culturale ed al senso di appartenenza.

Una sorta di memoriale collettivo “la presente memoria non è indirizzata alle persone che hanno la mente preoccupata da idee fisse, ma a quelle che ragionano induttivamente; è indirizzata non a quelli che, autosuggestionati dalle loro facili convinzioni, guardano la questione solo da un lato, sì bene a quelli che sanno abbracciarla nel suo insieme, nella complessità dei suoi elementi. Come principio generale affermo che, fondandosi ex novo un paese, questo deve sorgere dove più piace alla grande maggioranza degli abitanti, dove meglio sono garantiti i loro interessi vitali, economici e morali”, in cui è evidente la sensibile attenzione verso una rinascita sostenibile “Civita d’Antino è paese eminentemente ed assolutamente agricolo e dedito alla pastorizia: agricoltura e pastorizia sono le uniche sorgenti di vita del nostro paese. Ora ricostruirlo in area lontana significa voler inaridire queste due mammelle dalle quali esso sugge il sangue della vita; significa immiserirlo automaticamente; significa disperdere inevitabilmente e per sempre, cosÏ preziosa energia collettiva; significa menomare ed estinguere quel senso naturale di attaccamento al suolo natio, che forma il secreto elemento di prosperità per ogni collettività cittadina; significa porre gli abitanti nella dolorosa condizione di emigrare nelle lontane americhe a raggiungere i loro parenti ed i loro amici.”

Dopo le tristissime, ancora purtroppo attuali, vicende del terremoto dell’Aquila del 2009, la new town e le ombre sulla ricostruzione, Condividiamo quanto scritto, quasi un secolo prima, dall’ autore nella lungimirante conclusione “questi sono i nostri voti precisi, coscienti, concordi, non illegali, non utopistici. Li affidiamo rispettosamente al senno delle autorità competenti; esse sanno che i paesi si edificano per la maggiore utilità delle popolazioni e non per esercitazioni tecniche ed accademiche, e, molto meno per l’utilità di pochi; esse sapranno, con saggi provvedimenti, lenire le conseguenze dell’orrendo flagello che ci ha percossi e che fa sanguinare le nostre profonde ferite! (*) La presente memoria era già stata stampata, quando mi è caduta sott’occhio una sennata ed energica corrispondenza, pubblicata sul Messaggero del 1° Aprile 1915, dal mio chiarissimo amico Avv. Cav. G. Palladini di Pescina, nella quale egli, con calda e suadente parola, propugna la mia tesi, estendendone il contenuto, che riferisce ed applica a tutti i paesi della Marsica. La mia dimostrazione è assolutamente oggettiva; quindi sono compiaciuto sì, ma non sorpreso che un giurista distinto, qual’è il Palladini, la ratifichi e l’avvalori. Pensino tutti i paesi della nostra operosa regione ai loro interessi veri e vitali, nè si lascino sedurre da facili, rapidi e superficiali impressioni!”