Svezia chiama Abruzzo, due secoli di legami. Nel libro ‘Allodole a L’Aquila’ il viaggio di Johan Werkmäster

La storia di incontri con le persone, le tradizioni, la religione, il cibo e il vino d’Abruzzo, attraversando i paesi della montagna ormai spopolata tra quel che resta del mondo pastorale: è quasi un romanzo quello dello scrittore svedese Johan Werkmäster, pubblicato di recente dall’editore Carlsson di Stoccolma e nato dopo un primo viaggio in Italia, nel 2003, sulle tracce del pittore svedese Anders Trulson, scomparso nel 1911 e sepolto nel cimitero napoleonico di Civita d’Antino (L’Aquila). Per il titolo, “Allodole a L’Aquila”, Werkmäster ha tratto ispirazione dalla rivista in latino “Alaudae” fondata da Karl Heinrich Ulrichs, giurista tedesco che scelse di vivere all’Aquila dal 1890. Un racconto che si sviluppa poi dagli spunti offerti dalla letteratura in inglese sull’Abruzzo.

Oltre i confini nazionali l’Abruzzo è conosciuto soprattutto per il suo vino, in particolare per il Montepulciano d’Abruzzo, sottolinea Werkmäster, ma tanti sono i motivi di interesse che caratterizzano la regione. E lui ne scopre direttamente e descrive alcuni, interrogandosi, ad esempio, su quale paese fosse identificabile con la Fontamara di Silone e cercando i luoghi e i paesaggi che ispirarono Edward Lear e M.C Escher. Riferimenti artistici scaturiscono anche dalla scuola estiva del maestro danese Kristian Zahrtmann, che dal 1883 si legò stabilmente a Civita d’Antino, attraendo decine di pittori scandinavi. Werkmäster racconta anche i riti dei serpari di Cocullo, delle Farchie di Fara Filiorum Petri e della Corsa degli Zingari di Pacentro. Affascinato dall’opera di John Fante ha ricercato le origini della famiglia a Torricella Peligna, acquisendo informazioni dagli abitanti. “Allodole a L’Aquila” non trascura le tante storie di emigrazione, da quella di Pascal D’Angelo, poeta-muratore di Introdacqua, a quella di Salvatore Paolini, giovane cameriere partito da Villa Santa Maria che finì al servizio di Hitler nella residenza di montagna in Baviera, il “Nido delle Aquile”. Werkmäster incontrò Paolini nel 2005, cinque anni prima della sua scomparsa. Inevitabile il richiamo a San Francesco Caracciolo, nativo di Villa Santa Maria (Chieti), paese noto per la formazione dei cuochi. Un’occasione in più, per Werkmäster, amante della buona cucina, per esaltare la gastronomia abruzzese raccontando delle sue visite a vigneti, cantine e aziende, tra le quali Masciarelli, Zaccagnini e il Feuduccio di Orsogna. Lo scrittore svedese fa tesoro anche della sua permanenza a Pescara, scrivendo della ‘movida’ e citando D’Annunzio e Flaiano. A Giulianova Werkmäster va a respirare l’atmosfera che ispirò il suo connazionale Par Rdström: scrisse il romanzo “Il colonnello” soggiornando in un albergo della cittadina nell’estate 1961. Rdström, racconta Werkmäster, pensava di fermarsi una sola notte, invece restò un mese, colpito dall’accoglienza ricevuta.

Altri collegamenti tra l’Abruzzo e gli svedesi portati alla luce dal libro: Santa Brigida di Svezia, due volte pellegrina a Ortona; l’etologo Erik Zimen, l’uomo che parlava ai lupi e prediligeva le montagne della Majella; il planetologo Jens Ormo che, insieme a un collega giapponese, elaborò l’ipotesi del cratere da meteorite sul monte Sirente. Tra i riferimenti attuali quello all’imprenditore Daniele Kihlgren, di origini svedesi, protagonista del recupero del borgo medievale di Santo Stefano di Sessanio, località scelta come base per conoscere meglio il Gran Sasso, Campo Imperatore e Rocca Calascio. Al termine del suggestivo percorso, che fa tappa anche al museo della Battaglia di Ortona e nei due cimiteri di guerra Moro River e di Torino di Sangro, lo scrittore – che collabora con la rivista letteraria “Tidningen Kukturen” e scrive sui quotidiani svedesi Dagens Nyheter e Göteborgs-Posten – ringrazia alcune persone che lo hanno guidato, citando tra l’altro “un compagno invisibile di viaggio”, indicato con gratitudine in Antonio Bini, in passato dirigente del turismo della Regione Abruzzo, “senza il quale il libro non sarebbe stato scritto”. Fu proprio a lui che nel 2003 Werkmäster si era rivolto per chiedere di essere aiutato a raggiungere Civita d’Antino, la prima delle tante e inaspettate tappe di un lungo viaggio fra arte, storia e natura.