L’importanza di Zahrtmann nelle correnti della pittura danese moderna sull’autorevole rivista d’arte tedesca “Die Kunst Furalle” pubblicata il 18 giugno 1911

1911 Pittura Danese Moderna di Ernst Goldschmidt (Il testo è tratto dall’autorevole rivista d’arte tedesca  “DIE KUNST FURALLE” edita da F. BRUCKMANN a Monaco  e pubblicata il 18 giugno 1911) Le correnti della pittura danese moderna discendono da KRISTIAN ZAHRTMANN, VILHELM HAMMERSHOI e JOAKIM SKOVGAARD. Sono i tre pilastri, sui quali poggia principalmente la pittura danese successiva.

In effetti PETER SEVERIN KROYER fu una delle personalità artistiche più significative della generazione precedente, ma esercitò un influsso soltanto limitato sulla pittura danese. Realizzò un collegamento con la pittura all’aria aperta, che in precedenza si era imposta in modo vincente dappertutto in Francia, egli e LAURITZ TUXEN tornarono indietro da Parigi dopo essere stati allievi di Bonnat ed introdussero in Danimarca negli anni ’80 la tavolozza pulita, ma le teorie dell’ “Estetica della finestra aperta”non diventarono patrimonio della pittura danese attraverso di essi. KROYER durante i suoi studi a Parigi si allontanò dai toni marroni della consuetudine, l’autorizzato colore “veneziano” della tradizione, ma pulì soltanto la propria tavolozza, non quella dell’arte danese. La sua arte era l’arte della pittura all’aria aperta, senza alcun tipo di gusto residuo novellistico. Insieme a lui sognava una gioventù lungo la spiaggia di Skagen, egli cantò le sue canzoni di chiare sere d’estate, della gioventù che sciama lungo la spiaggia del mare, dove giocano le onde (cfr. il libro citato in nota, pagg. 409 e 411). In tal modo era anima e corpo con Holger Drachmann, il poeta danese morto più giovane, che ha raffigurato ripetutamente in quadri pieni di vita (anno 1902/1903, pagg. 230/231). Dipinse i pescatori a Skagen, il cielo e il mare in chiara armonia, i riflessi scintillanti in migliaia di toni sottili, l’aria e l’oscurità del cielo delle notti d’estate danese, i giovani che facevano il bagno lungo la spiaggia. Nessun maestro ha dipinto la luce, la giovinezza e la vita con un pennello più sicuro, con una virtuosità più grande.

Come Kroyer ha dipinto la natura danese, il cielo ed il mare, le persone e la terra, un altro eccellente pittore all’aria aperta, TH PHILIPSEN, ha dipinto gli animali, con profonda comprensione dei loro caratteri e con notevole senso per il colore, e VIGGO JOHANSEN l’intimo riunirsi degli uomini tra quattro mura; dipinse inizialmente sua moglie e i suoi figli, e quando più tardi i più significativi pittori danesi e svedesi si riunirono a casa sua come amici, diventarono loro i principali oggetti della sua arte. La nostra illustrazione (Pag. 417) mostra come eccelleva anche nel ritratto di questo tipo, inoltre è un notevole paesaggista.

Il lavoro di questi tre pittori è notevole. Ma quello che ha completato il più grosso capolavoro che un artista danese ha compiuto in tarda età, è JOAKIM SKOVGAARD. Come figlio del “padre dell’arte danese del paesaggio”, P. C. Skovgaard, è fermamente attaccato alla tradizione, per via dei molti collegamenti con l’arte danese precedente; eppure il colore dei suoi dipinti ha ricevuto dei grossi stimoli grazie ai suoi amici contemporanei, i pittori all’aria aperta. Il suo lavoro più importante è la decorazione del duomo di Viborg, un lavoro che completò con grande interesse da parte di tutti gli esperti. E’ già, soltanto sotto il profilo delle dimensioni, un lavoro enorme; sono stati coperti circa 2000 metri quadri di parete con raffigurazioni di storia sacra (cfr. pagg. 415 e 425). E’ alla ricerca di stile nell’epoca del naturalismo, da lui derivano gli sforzi verso la rivitalizzazione dello stile nella pittura dei danesi più giovani.

E l’arte interiore a colori sottili ha il suo rappresentante più significativo in vilhelm hammershoi, uno dei pochi artisti danesi che hanno raggiunto una fama mondiale, che viene considerato dappertutto nel mercato mondiale come caratteristicamente danese (cfr. Pag. 409 e pag. 410). Gli oggetti senza vita delle “Stube” (stanze) silenziose, le persone, che là si aggirano in solitudine quasi festosa hanno in Hammershoi un ritrattista amorevole, che guarda nel profondo. Le sue delicate armonie di colori ricordano Whistler, le sue linee hanno impressa la semplice sensazione di un Vermeer. E’ il capostipite dell’arte interiore danese, che annovera tra i suoi seguaci tra gli altri HOLSOE e ILSTED e la raffigurazione di persone oneste, dignitose, mentre culmina nella nostalgia di EINAR NIELSEN, ha in Vilhelm Hammershoi il suo più grande precursore.

Einar Nielsen, che occupa un posto a parte nell’arte moderna danese, riempie tutti i suoi lavori di profonda tristezza e la sua intera opera sta sotto il segno della nostalgia (cfr. Pag. 423). Ma l’arte danese più recente non si trova tutta sotto questo segno, anche la tendenza verso lo stile tradizionale ha pochi seguaci tra i più giovani. Un suono stridulo come la tromba del postiglione Lenaus di notte attraversa gli sforzi protesi verso lo stile e la tradizione, ma non per onorare il ricordo dei morti, come per lui, piuttosto consacrò un suono di vita, del lavoro, dell’attività, della personalità. Sorsero questi colori chiari e clamori di vita del pittore KRISTIAN ZAHRTMANN e della sua scuola.

Zahrtmann stesso, il cui nome non è stato mai particolarmente conosciuto all’estero, è una delle personalità più degne di nota dell’arte danese. Uno spirito paradossale, che definì lui stesso il 98% del suo talento solo come energia, una forza eternamente entusiasta ed entusiasmante, che era in grado di comprendere le cose le cose sempre dal loro lato più ricco e di maggior valore, Zahrtmann è stato capace di influenzare con la sua arte e la sua scuola la pittura danese più recente. Ogni estate abitava nella piccola città italiana Civita d’Antino negli Abruzzi, trasse molti dei suoi motivi dalla vita popolare italiana, che ritrasse con senso particolare per i colori forti, la bellezza plastica e atteggiamento pieno di espressione. Dipinse quadri della storia danese, ma non in maniera tradizionale, quanto piuttosto voleva esprimere costantemente attraverso la sua arte una impronta nuova, fortemente personale. Fu particolarmente amato in Danimarca per via dei suoi quadri della storia della sfortunata principessa Leonora Christine, che languì in carcere per tanti anni per via del delitto di suo marito (cfr. Pag. 412 e 413).

Civita d’Antino e Zartmann potrebbero essere considerati nella pittura danese moderna come l’opposto di Skagen e P.S. Kroyer. L’arte di Kroyer sembra che sia effettuata come senza sforzo, dolcemente, sotto l’influsso di un ingegno sorridente. A Civita si lavorava. Zahrtmann si trasferì in Italia insieme a molti dei suoi allievi, dipingevano d’inverno nella sua scuola, d’estate a Civita sotto la supervisione del maestro. Ma questa supervisione non si estendeva fino a far sì che essi non potessero esprimere liberamente la loro personalità. La scuola danese recente dei ritrattisti della natura e della vita popolare, FRITZ SYBERG, JOHANNES LARSEN (cfr. Pag. 416 e 427), PETER HANSEN (cfr. Pag. 421) e KARL SCHOU prendono le mosse da lui, ciononostante la loro arte non abbia alcuna impronta di imitazione o costrizione da parte del docente. Gli ha insegnato soltanto a osservare loro stessi gli oggetti e a riprodurre tutto in maniera personale.

Syberg dipinse solide rappresentazioni della vita popolare, disegnò illustrazioni naturalistiche delle “Storie di una madre” di H.C. Andersen, ed i suoi acquarelli con i colori sottili ed ariosi con la riproduzione fedele della natura danese appartengono sempre agli oggetti più degni di essere visti delle esposizioni danesi recenti. Peter Hansen dipinse quadri della vita di provincia con forza e delicatezza, Johannes Larsen è un eccellente pittore di animali e dipinse in maniera particolarmente rimarchevole la vita degli uccelli, e Karl Schou divenne un colorista dai toni raffinati. A loro si accompagnavano nelle libere esposizioni annuali CLEMENT e FIND, la cui arte inizialmente si avvicinava ai preraffaelliti, ma che più tardi fecero propria la moderna tecnica impressionista.

HERMANN VEDEL, SIGURD WANDEL e MOHL HANSEN fanno parte dei discepoli di Zahrtmann che riuscirono a collegare i loro apprendimenti dell’osservazione personale con le reminescenze dell’arte antica. I ritratti di gran valore di Vedel sono sotto l’influsso dei veneziani e i quadri pieni di sentimento di Wandel della sua patria sono imparentati con quelli di Fantin-Latour (cfr. Pag. 430). Entrambi appartengono ai moderni pilastri delle esposizioni annuali dell’accademia reale. Come paesaggisti si sono fatti particolarmente notare SVEND HAMMERSHOI (cfr. Pag. 414) il fratello più giovane di Vilhelm, e MOHL HANSEN, i cui alberi finemente stilizzati con i loro colori delicati sono di fascino decorativo.

I nomi PETER ROSTRUP BOYESEN, OLUF HARTMANN e HENRIK SCHOUBOE indicano poi una nuova fase nella pittura danese. Schouboe era sì uscito dall’accademia, ma è collegato per simpatie e sforzi agli allievi di Zahrtmann. I quadri, che finora ha esposto, hanno suscitato sempre interesse negli esperti. Quello che dipingeva trattava di primavera e di giovane amore. Dipingeva giovani uomini nudi nel paesaggio primaverile danese. Tutto sta ancora in boccio, le fioriture e i rami aspettano il risveglio dal lungo sonno invernale e il ruscello scorre, chiacchierando allegramente, libero dal ghiaccio attraverso i prati soleggiati. I suoi bozzetti sono sognanti, non sempre del tutto sicuri, ma disegnati sempre in modo fine e pieno di sentimenti nella loro nudità giovanile e il suo colore è puro e luminoso come quello dei nuovi impressionisti.

Gli accordi di base della sua arte sono collegati con i suoni tenui del compositore danese Gade, il suo animo è quello del modo popolare danese, che canta in modo naiv di amore e nostalgia, di occhi blu e riccioli biondi delle amate.

Oluf Hartmann ha ereditato i colori forti, gli effetti potenti del suo maestro. E’ un soggetto originale nella pittura danese moderna. Non si rallegra dell’applauso del grosso pubblico che comprese subito e subito cominciò ad amare l’arte di Schouboe, è uno spirito esclusivo, e i suoi quadri hanno poco in comune con la tradizione popolare danese o con la tradizione degli artisti danesi più antichi. La sua “Jakobskampf” (lotta di Giacobbe) rappresenta la lotta del dio che combatte, in modo aspro e ampiamente realistico, la nostra immagine (Pag. 422) non dà una corretta rappresentazione della forza, del romanticismo scuro dei colori che ha steso con un ampio pennello in superfici grasse e pastose. Disprezza i modi di dipingere convenzionali e rifiuta la tradizionale pittura storica piena di sentimenti; in lui non si cerca l’intimità e la gentilezza degli olandesi o la tranquilla eleganza del Rinascimento: il suo colorito è passionale come quello di Delacroix e le sue composizioni pittoriche sono piene di contenuto e temperamento, come ornamenti spesso di dignità quasi classica e di peculiare bellezza fantastica.

La fantasia da qui in poi non appartenne alle caratteristiche della pittura danese. La Danimarca è piatta, nessuna montagna alta sottrae l’orizzonte all’occhio, nessuna valle profonda e roccia scoscesa offre nutrimento all’occhio assetato di romanticismo concretamente percepibile. Come la terra, cos’ l’arte. Nessun grande ingegno, bensì una capacità che si estende poco a poco, un pianura che si estende lontano, sulla quale i pochi talenti straordinari si rendono particolarmente rimarchevoli e nella quale si nascondono all’occhio straniero anche talvolta cose di valore. Coloro che cercano là, trovano. Gli idilli del paesaggio e della patria avevano nel secolo precedente i loro maggiori adoratori nell’arte danese. Avevano qualità che li rendevano di valore per i conoscitori della vita danese e della cultura danese, che però erano raramente adatti ad attirare su di sé l’interesse degli stranieri. Soltanto una volta nei tempi recenti è riuscito ai danesi intervenire attivamente nello sviluppo mondiale dell’arte.

In Carstens, che trascorse i suoi anni di studio a Copenhagen e in Thorwaldsen il neoclassicismo ebbe due personalità di spicco all’inizio del secolo scorso. Ma la terra danese non era favorevole al classicismo e mentre in Germania i nazareni, in Francia il romanticismo e più tardi in Inghilterra i preraffaellitismo era in fioritura, i danesi festeggiavano semplicemente i raffiguratori dall’animo delicato della natura, come Eckerberg e Kobke come loro migliori artisti. Le grandi oscillazioni della fantasia, che suscitano costantemente l’interesse del mondo, ma non sempre colme di contenuto interno, si stagliano raramente sull’arte danese.

Gli sforzi di Hartmann sono conseguentemente tanto isolati come quelli di di J. F. WILLUMSEN, che hanno suscitato così tanta attenzione nelle generazioni precedenti. Le caratteristiche di Willumsen si lasciano delineare con difficoltà; è stato compreso dal suo debutto in costanti trasformazioni, ha esteso la sua arte sulla maggior parte degli “ismi” della storia dell’arte, è stato naturalista, simbolista, sintetista e prodotto i suoi migliori lavori in forma sicuramente classica, dalle linee importanti, e nella scultura. A questi appartiene la “alpinista”, già esposta in Germania come tomba dei suoi genitori e alcuni paesaggi montani svizzeri (cfr. Pag. 420 e Pag. 424). Così dovette andare verso la terra delle alte montagne, allo stesso modo che le vibrazioni dell’anima hanno portato in alto Hartmann in Omero o nella Bibbia.

Contemporaneo a Willumsen, ma che trovò nutrimento nella pianura danese per la sua arte, fu il semplice, ma eccellente raffiguratore di contadini L.A. RING. Dipinse esseri umani; mentre prima i pittori di contadini danesi ci presentavano con modalità di genere soltanto bambole vestite in situazioni precostituite, Ring cercò di riprodurre il carattere, l’ambiente dei suoi modelli in modo vero, fedele (cfr. Pag. 419); egli significa per la conquista artistica della campagna danese ciò che l’allievo di Zartmann PETER ROSTRUP BOYESEN ha significato per la scoperta pittorica della vita delle grandi città.

I quadri di Boyesen portano nell’arte danese motivi completamente nuovi. E’ un cittadino di una grande città; mise i suoi cavalletti in periferia, in cui negli alti casermoni dei lavoratori si gioca così tanto del dramma della povertà e della miseria, e diventò un fedele osservatore e rappresentatore degli uomini, che costituiscono il settore più povero della popolazione delle grandi città moderne. Guarda con simpatia i vagabondi che giacciono di notte nelle piazze aperte nei dintorni di Copenhagen e effettuano la loro toilette mattutina presso il torrente al primo sorgere del sole, i bambini poveri della periferia, rappresenta le loro abitudini, la loro vita quotidiana con profonda comprensione. I suoi accostamenti di colore delicati, il suo senso estremamente acuto per i toni di colore fanno pensare a Corot e le sue figure umane sono spesso plastiche e ben disegnate come in un Daumier o Millet.

L’editore confessa volentieri che questa panoramica non è in alcun modo completa. Qualcosa, che avrebbe voluto includere volentieri, non era facile da introdurre in questo ambito. Ha tentato di indicare per grossi tratti il carattere della nuova arte pittorica danese, tenendosi alle illustrazioni allegate. Spera di essere riuscito, attraverso questo contributo, ad attirare l’attenzione degli amici tedeschi artisti sulla pittura danese recente. Essa brama verso ciò che è sconosciuto, desidera volentieri cantare in circoli più ampi la sua gioia e passione: non desidera nascondere per sempre le proprie virtù nell’alto nord.

Possa presto trovarsi un’occasione di mostrare al pubblico tedesco i quadri dei giovani danesi. In tal modo i quadri potrebbero parlare da soli.

Il testo è tratto dall’autorevole rivista d’arte tedesca  “DIE KUNST FURALLE” edita da F. BRUCKMANN e pubblicata il 18 giugno 1911 –

Si ringrazia la Dott.ssa  Maria Gioconda De Gaetano Polverosi per la traduzione dal tedesco all’italiano.

* La rivista illustrata d’arte tedesca del 1911  “DIE KUNST FURALLE” è consultabile online per gentile concessione dell’Archivio Ferrante

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