L’Abruzzo e Civita d’Antino nello straordinario patrimonio fotografico dell’archeologo inglese Thomas Ashby

Ai primi del ‘900 (1901-1923), l’archeologo inglese Thomas Ashby intraprese sei viaggi in Abruzzo lasciandoci una meravigliosa collezione di fotografie, rimaste inedite fino a noi. Lo sguardo di Ashby colpisce perché va molto oltre l’archeologia, l’antropologia e l’architettura. L’Abruzzo che lui cerca e trova, percorrendolo a piedi e in bicicletta, è il luogo dove, accanto alle pietre e ai reperti delle vestigia romane, vi deve ancora essere quella cultura che delle pietre è la continuazione, l’autentica durata. Una cultura da registrare in fretta – con mezzi nuovi come la fotografia – e accuratamente – con trascrizioni, interviste, appunti – perché, Ashby lo sa bene, presto sarà cancellata dall’avvento della modernità. 

“Ashby e l’Abruzzo” è stato un progetto di mostra itinerante che ha proposto 75 immagini fotografiche, stampate con l’antica tecnica al carbone. Dalla collaborazione della British School at Rome e Ad.Venture srl, tra le fotografie della collezione Ashby ci sono circa 150 immagini inedite che riguardano l’Abruzzo, regione che l’autore ebbe modo di visitare più volte tra il 1901 e il 1923. Si tratta di suggestive immagini di monumenti, di siti archeologici, di centri abitati e paesaggi, ma soprattutto prevale l’interesse per l’aspetto etnografico.

L’elemento umano è fortemente caratterizzato dall’ambiente e dall’epoca. Contadini, personaggi con i costumi tradizionali, sono stati ritratti da Ashby prevalentemente in gruppi mentre partecipano alle caratteristiche processioni in occasione di feste religiose, o durante lo svolgimento di fiere paesane. La presenza di fotografie di genere antropologico può sembrare insolita, poiché gli archeologi o gli storici dell’arte fotografano generalmente solo elementi che rientrano nel settore specifico della loro disciplina. Da questo punto di vista Ashby rappresenta un’eccezione, poiché ha dimostrato un grande interesse anche per gli aspetti del “paese reale”. Egli ha raccolto e porta verso equilibri più maturi la straordinaria eredità dei viaggiatori inglesi rispecchiando nel suo modo di viaggiare quella stessa temperie culturale che, a partire dalla fine del Settecento, portò artisti e scrittori a superare i confini tradizionali del viaggio imposti dal Grand Tour d’Europa. Ashby rientra in quella schiera di viaggiatori che attraversarono la penisola italiana a piedi o in bicicletta, percorrendo itinerari non convenzionali, lontani dalle grandi città. Egli si lasciò dietro alle spalle le strade battute per avventurarsi attraverso percorsi montani impervi o sentieri di campagna, pervaso dal desiderio di scoprire le tante realtà delle province italiane e di attingere direttamente alla fonte di quella cultura. L’Abruzzo, terra integra per l’isolamento secolare in cui era rimasta, si rivelò una regione ricca di antiche tradizioni e di monumenti da esplorare. Della realtà abruzzese, Ashby non trascurò nulla e da profondo osservatore prese appunti e fotografò tutto ciò che ne faceva parte. Consapevole della precarietà di quei luoghi non toccati dalla moderna civiltà, Ashby documentò quasi a voler fermare il tempo dei monumenti e degli eventi che osservò. Fece tesoro di tutto quello che vide ed essendo esponente di una cultura orientata allo scambio e alla circolazione delle notizie, contribuì a diffondere la conoscenza dell’Abruzzo in Europa, come testimoniano le sue pubblicazioni apparse su riviste internazionali.

 Viaggi e itinerari abruzzesi (1901-1923)

Sei sono i viaggi compiuti da Ashby in Abruzzo, testimoniati da documentazione scritta e fotografica. Il primo viaggio risale al 1901, anno in cui effettuò insieme con Rodolfo Lanciani un sopralluogo ai resti della colonia latina di Carsioli e alla zona circostante (Carsoli, Alba Fucens, Sulmona, L’Aquila, Amiternum). Lo studioso tornò a interessarsi del territorio carseolano e di altre località poste lungo il percorso dall’antica via Valeria (Alba Fucens, Sante Marie, Tagliacozzo) nel 1903. Due anni dopo, in collaborazione con George Joseph Pfeiffer, pubblicò nel primo volume dei “Supplementary Papers of the American School of Classical Studies in Rome” lo studio topografico su Carsioli che, a oltre cent’anni dalla pubblicazione, rimane il più esauriente contributo per la definizione topografica dell’antica città. Nel 1905 il suo interesse da antiquario lo condusse nuovamente in Abruzzo per visitare la Mostra di Antica Arte Abruzzese allestita presso il Palazzo Comunale di Chieti. Come Ashby spiegò ai lettori della sua recensione intitolata Ancient Abruzzese art at Chieti, pubblicata su “The Builder” del 23 dicembre 1905, essendo Chieti abbastanza distante dalle ordinarie rotte turistiche, probabilmente, la mostra non era stata visitata dai molti viaggiatori inglesi, per cui un resoconto di essa poteva risultare di un certo interesse. Di questo viaggio rimangono, oltre all’articolo che contiene un giudizio particolarmente lodevole nei confronti degli organizzatori della mostra, anche quattro fotografie della città.

Il viaggio in Abruzzo nel 1909 aveva uno scopo preciso: vedere e documentare alcuni aspetti della vita popolare abruzzese durante le caratteristiche processioni svolte in occasione di alcune feste religiose. Con sessantaquattro fotografie e tre pubblicazioni Ashby ha immortalato l’ambiente abruzzese nei primi anni del ‘900. In questo gruppo di fotografie prevale l’elemento umano. La gente accorsa dai vari paesi d’Abruzzo per partecipare alle caratteristiche processioni della Madonna della Libera a Pratola Peligna, di S. Alessandro a Corfinio, di San Domenico a Cocullo, è stata ritratta perlopiù in gruppo e vestita con i tipici costumi tradizionali. Numerose sono inoltre le fotografie che ritraggono i monumenti di Sulmona e Anversa, le splendide vedute del cosiddetto lago di S. Domenico presso Villalago (Aq) e le suggestive Gole del Sagittario. Altri tre viaggi furono compiuti da Ashby nel 1914, 1915, 1923. Le ventitrè fotografie, prevalentemente di paesaggio, ritraggono i dintorni di Cappadocia, Capistrello, Pescocanale, Civita d’Antino, Tagliacozzo e Roccacerro.


Thomas Ashby – Biografia 
L’archeologo inglese Thomas Ashby (1874-1931) fu uno studioso che ottenne riconoscimenti dalle più importanti istituzioni culturali italiane ed estere. L’interesse per gli studi classici e la passione verso i monumenti antichi dell’Italia, lo spinsero a trasferirsi a Roma dove soggiornò per molti anni. Nel 1901, fu ammesso come primo studente della British School at Rome di cui divenne direttore dal 1906 al 1925. Era l’epoca in cui l’archeologia entrava nella modernità trovando il proprio metodo d’indagine. I primi anni del soggiorno romano del giovane archeologo coincisero con un periodo di grandi attività di scavi nel centro monumentale della città: si fissarono le basi per la conoscenza della topografia del nucleo centrale di Roma. In quegli anni Ashby ebbe occasione di conoscere Rodolfo Lanciani, Giacomo Boni e altri illustri archeologi, determinanti per la sua futura carriera. Ashby fu tra i più entusiasti e assidui frequentatori degli scavi nella zona del Foro e durante le sue visite redigeva meticolosi appunti che, insieme a schizzi e fotografie, inviava regolarmente ad alcuni periodici inglesi, riassumendo le più recenti scoperte. Oltre all’amore per Roma e i suoi monumenti, l’interesse dello studioso fu fortemente attratto dall’esplorazione della Campagna Romana, ricca di testimonianze archeologiche sconosciute. Ne divenne un esperto conoscitore insieme a Lanciani, Tomassetti, Lugli, che furono tra i padri fondatori della moderna topografia archeologica. In tutti i suoi studi topografici Ashby adottò un metodo rigoroso: seguiva le maggiori strade dell’antichità segnandone il percorso sulle carte topografiche. Esplorava l’area circostante descrivendo tutto ciò che rimaneva degli antichi avanzi, esponeva le pazienti osservazioni del territorio integrandole con le memorie storiche e i riferimenti bibliografici a opere edite e inedite, illustrava tutto il suo lavoro con piante e fotografie. Giuseppe Lugli, che si dichiarò discepolo di Ashby nell’applicazione rigorosa di questa metodologia, affermò: “Dove è passato il piede di Ashby, si diceva scherzando fra noi, suoi discepoli e amici, non vi è più grano da mietere per gli archeologi”. Sparsi in varie pubblicazioni, gli studi di Ashby su Roma, sulla campagna romana, sul territorio laziale e su altri centri dell’Italia e dell’Europa restano ancora oggi riferimenti fondamentali per gli studiosi. Ashby fu uno scienziato eclettico: le sue ricerche spaziarono dal settore archeologico e topografico a quello dell’architettura, della storia dell’arte e del collezionismo antiquario. Ebbe una grande dimestichezza nella consultazione delle biblioteche e degli archivi sparsi in vari luoghi del mondo e la sua competenza di studioso e collezionista di libri e disegni antichi lo portarono a dedicare una speciale cura nella ricerca delle piante e delle vedute di Roma e di altre località italiane tramandate dagli artisti e architetti del Rinascimento e dai viaggiatori inglesi del Grand Tour. Per concludere il rapido excursus sull’operato di quest’appassionato e fecondo archeologo, non si può tralasciare l’interesse di Thomas Ashby per la cultura popolare italiana cui dedicò molti anni di ricerca. Osservò personalmente feste e riti di molte località italiane, prese appunti e, scattando fotografie, raccolse informazioni dai parroci, dagli abitanti dei luoghi visitati, dai libri e dalle guide turistiche. I risultati di queste ricerche pluriennali confluirono nel volume Some Italian Scenes and Festivals pubblicato nel 1929 (London Methuen & Co. Ltd.) che raccoglie descrizioni e immagini di feste, usi, costumi, monumenti e paesaggi incontrati in varie regioni italiane.

L’eredità di Thomas Ashby Negli anni d’intensa attività come archeologo, topografo e bibliofilo, Thomas Ashby ha accumulato migliaia di pagine delle sue annotazioni, una vasta produzione bibliografica e una notevole collezione di libri rari che formano il nucleo centrale della Biblioteca e dell’Archivio Fotografico della British School at Rome. Parlare, però, dei vasti interessi di Thomas Ashby senza includere la fotografia sarebbe ignorare uno dei suoi principali strumenti di lavoro. Sin da giovane capì il valore documentario della fotografia che utilizzò costantemente come appunto visivo. Creò un archivio personale di ricerca che aveva anche lo scopo di fornire illustrazioni per le proprie pubblicazioni. Le fotografie che Ashby scattò personalmente sono circa 9.000 e furono realizzate fra il 1890 e il 1925. L’autore ebbe cura di sistemarle cronologicamente in 18 appositi album su cui di solito annotava accanto alla fotografia il soggetto, la località e il numero del negativo corrispondente. Questi album, che costituiscono la collezione più affascinante dell’Archivio fotografico della British School at Rome, possono essere interpretati come l’autobiografia visiva della vita e degli interessi di Ashby. Contrariamente a quanto ci si aspetta gli album contengono sia fotografie di monumenti e siti archeologici immortalati nelle escursioni e nei viaggi in Italia, Europa, Australia, America, Giappone, Nord Africa, ecc., sia fotografie del paesaggio e della popolazione, soprattutto rurale, nella quale Ashby s’imbatteva nel corso delle frequenti esplorazioni nella campagna e nei centri abitati delle province italiane. Alcune fotografie di Thomas Ashby si collegano alle attività e alle escursioni organizzate dai membri della British and American Archaeological Society (fondata da John Henry Parker), tra i quali figurano oltre ad Ashby anche Peter Paul Mackey, George Joseph Pfeiffer e le sorelle Dora e Agnes Bulwer. La fitta rete di conoscenze, frequentazioni e scambi culturali tra questi studiosi e “fotografi dilettanti” ha lentamente dato vita a quello che attualmente costituisce il nucleo più antico e straordinario delle collezioni fotografiche dell’Archivio della British School at Rome.

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